sabato 26 febbraio 2011

1064 di 2013 ; Lampedusa

Stefano Armellin con il pezzo 1064 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : Lampedusa.

Il senso dell'invocazione.(b) di Padre Felice Artuso


Gesù non ha inventato questa preghiera filiale, ma l’ha estratta da una lamentazione salmica (Sal 

31,6 Mi affido alle tue mani; tu mi riscatti,Signore, Dio fedele). 

I rabbini educavano il popolo a ripeterla nell'ora del sacrificio vespertino o prima di coricarsi. I 

devoti la recitavano nel momento indicato dai loro maestri spirituali. 

Unendosi agli afflitti, ai perseguitati e agli abbandonati d'Israele (1 Re 18,36-39), si affidavano così 

a Dio, difensore dei viventi (Gb 12,10) e liberatore da ogni pericolo. 

Nelle assemblee in Sinagoga Gesù cantava spesso questa lamentazione, impregnato da un grande anelito per Dio. Si suppone che in privato la recitava ogni pomeriggio, mentre nel tempio i sacerdoti offrivano a Dio i sacrifici del popolo.

Egli si era abituato a porsi tutti i giorni nelle braccia del Padre, per mantenere il pieno controllo sulle sue preoccupazioni ed angosce.
Nel momento conclusivo della sua vita temporale si associa nuovamente agli oranti del tempio e a tutti i devoti d'Israele. Ripetendo la stessa supplica, nella quale si consegna se stesso nelle mani affettuose del Padre e si abbandona in Lui, protettore della vita. Gli uomini lo hanno umiliato e condannato alla morte di Croce. 

Egli non bada alle offese ricevute. 

Pensa solo di affidare al Padre la sostanza più preziosa della sua esistenza. Ha ricevuto tutto da Lui ed ha obbedito a Lui. Ora ridona tutto se stesso al Padre, che gli sta vicino, lo assiste e partecipa silenzioso alla sua sofferenza. Assume l’atteggiamento del bambino, che si stringe sereno tra le braccia del papà, convinto di essere da Lui protetto e soddisfatto.

Nel tempio di Gerusalemme Gesù aveva rivelato a Maria e Giuseppe il mistero della sua figliolanza divina, nonché la necessità impellente di stare presso il Padre celeste. 

Gli uomini lo hanno insultato, rifiutato, aggredito e condannato alla morte di Croce. Arrivato il momento dell’andata nella dimora divina, si spegne nella piena pace con il Padre, con se stesso e con i suoi crocifissori. 

Attende quindi che il Padre lo immetta nella sua vita, lo glorifichi e lo colmi di beatitudine.

Si rivela il Figlio, che è contento di ritornare alla sua sede originaria e adempie le parole profetiche: «Tu solo, o Signore, al sicuro mi fai riposare» (Sal 4,9);

 «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà» (Sap 3,1).
Mediante questa preghiera Gesù consegna al Padre anche l’umanità angariata e afflitta. 

Presenta a Lui ognuno di noi. Egli intende dire al Padre: ti affido i fratelli che tu mi hai dato. Proteggili e completa in loro il Tuo progetto di redenzione e glorificazione (Ger 18,6). 

Quest’affidamento di Gesù lancia un fascio di luce sulla vita dell'aldilà; annuncia l’alba di una nuova epoca; rivela che la morte, cui segue la dissoluzione del corpo, non costituisce un passaggio nell’incertezza, nello sbando o nell’abisso del nulla, ma un incontro personale con il nostro Padre, che aspetta il momento per accoglierci, abbracciarci, servirci e glorificarci.

Padre Felice Artuso