martedì 5 agosto 2008

123 di 2013 ; Pilato

Stefano Armellin con il pezzo 123 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013



Titolo : Pilato " Si tenga conto che se un uomo non riconosce le estreme istanze della fede, deve creare in sè qualche cosa di analogo per non ridursi al caos e alla totale impotenza ". Canetti.

Gli errori di Pilato di Padre Felice Artuso 

Consapevole della sua funzione giuridica, Pilato comincia il processo con l'intento di procedere con lealtà e imparzialità. 

Adotta la stessa procedura degli altri governatori di provincia, che accolgono con facilità le imputazioni degli accusatori, mentre ignorano di difendere i diritti degli accusati. 

Trinceratosi in un'apparente neutralità, cede gradualmente alle insistenti pressioni dei giudei, che gli avevano consegnato Gesù per invidia, risentimento, fanatismo religioso (Mt 27,18), mentre non indaga a sufficienza sul significato messianico, che egli aveva attribuito al suo annuncio.
 
Crede che i presagi contengano qualche elemento di verità, ma sottovaluta la pressante raccomandazione che Claudia Procula gli aveva inviato, per impedirgli di sbagliare in un caso serio: «Non avere nulla a che fare con quel giusto» (Mt 27,19). 

Dalle informazioni ricevute, sa che Gesù è un predicatore, un guaritore, un rispettoso della politica romana e una personalità di alto livello spirituale. 

Lo reputa tuttavia un’insidia al suo potere, fondato sulle intimidazioni e sulla coercizione militare. 

Mantenendo Gesù incatenato, lo associa al ribelle Barabba, gli impone la tortura della flagellazione e lo consegna alla morte di Croce. Immagina di garantire così la tranquillità nelle città ebraiche, di impedire i disordini civili e di scansare le rischiose minacce dei giudei. 

Nel gesto meschino di lavarsi le mani, tenta di quietare la sua coscienza, che lo accusa d’aver commesso un grave crimine. 

Di fatto si riconosce colpevole della morte di Gesù. 

Forse nella sua carriera diplomatica non si è mai compromesso come in questa circostanza. 

Poteva uscire vincente dal processo, se si fosse preoccupato di difendere i diritti dell’imputato e se se avesse proceduto con più legalità. 

Indisposto a rischiare per difendere la verità, si accorge troppo tardi di aver fallito nel tentativo di guadagnarsi il consenso degli avversari e di liberare Gesù senza odiose velleità. 

Si palesa un personaggio subdolo, incoerente e opportunista. Tradisce la sua coscienza di giudice, oltraggia il diritto e distorce la verità.

Per evitare inconvenienti con le autorità imperiali, i testi neotestamentari più tardivi tendono a discolpare Pilato.

Insinuano che egli abbia tentato di difendere la regalità di Gesù. Ammettono tuttavia che egli è il primo responsabile della crocifissione e morte di Gesù. 

Non è facile esprimere un giudizio oggettivo sulla sentenza di Pilato. Solo Dio può pronunciare un giudizio infallibile sull’operato dell’uomo. 

Gian Luigi Cecchini pertanto scrive: «Pretendere giustizia da un uomo è difficile; da un giudice, problematico; da un giudice chiamato a giudicare Dio fattosi uomo, impossibile, attesta l'inapplicabilità di una qualsivoglia legge umana» .

Padre Felice Artuso