domenica 16 novembre 2008

228 di 2013 ; La morte e i Silenzi di Dio

Stefano Armellin con il pezzo 228 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo: La morte "In nessun luogo il clero di questa Chiesa è più sovrano che in Italia e quindi in nessun luogo è più corrotto...ciò che si addebita al lusso spetta invece alla cattiva amministrazione e alle colpe di una cattiva politica...ogni Governo deve conoscere perfettamente e perseguire costantemente l'interesse del Paese. I buoni politici, con una direzione accorta, stabilendo delle imposte elevate su certi beni o proibendoli del tutto, e diminuendo le tasse su altri, possono sempre volgere e deviare come vogliono il corso del commercio...nessuno è andato in rovina senza che la sua distruzione fosse principalmente dovuta alla cattiva politica, alla negligenza o all'incapacità amministrativa dei governanti". Mandeville.



I Silenzi di Dio di Padre Felice Artuso

Dio, pienezza di vita, vive avvolto nell’eterno silenzio (Is 40,13-14). Crea ogni cosa, proferendo per ciascun una sola parola (Gn 1,3 ss). 

Muove i corpi del firmamento, impedendo che essi ci infastidiscano con l’emissione di vibrazioni acustiche. Fa prosperare le piante e gli animali senza disturbarci. Scruta e giudica il nostro comportamento nel completo nascondimento (Sir 42,18-22). 

Irrompe nella nostra storia, rispettando la libertà che ci ha concesso (Is 45,15). Mentre gli dèi delle nazioni non fanno mai udire agli uomini la loro voce (Sal 115,5), egli parla nell’intimo dei cuori con una voce di sottile silenzio e di bassa audizione (1 Re 19,12). 

Si disgusta, osservando le nostre trasgressioni, perché esse ci procurano sofferenze e morte (Ez 39,23). 

Ascolta i lamenti e le implorazioni del suo popolo oppresso (Es 3,7). 

Raccomanda di rispettare i tempi del silenzio (Sir 6,6; Qo 3,7), per ascoltare la sua Parola che rivela, educa, riscatta, pacifica, unisce e suscita un anelito d’amore . Rimane talora in un forzato silenzio (Is 42,14) per sollecitarci ad esaminare le cause che ci hanno indotto a commettere il male (Ger 14,17-21), nonché ad agire con maggiore responsabilità (Gb 37,23). 

Impressionato dal prolungato riserbo di Dio, il profeta Abacuc gli chiede di parlare, per conoscere i suoi pensieri, smuovere il diffuso compiacimento sulle proprie sicurezze e suscitare una vera conversione verso di lui (Ab 1,2-4). 

I salmisti si inquietano al suo ritrarsi da coloro che ha eletto con amore. Provano la sensazione che Egli li trascuri e li abbandoni a se stessi. Rivolgendosi a Lui, lo pregano quindi di uscire dall’enigmatico nascondimento, di manifestarsi e di spiegare i motivi del suo protratto riserbo: «O Dio, non darti riposo, non restare muto e inerte» (Sal 8,2); «A te grido, Signore; non stare in silenzio, mio Dio, perché se tu non parli io sono come chi scende nella fossa» (Sal 28,1); «Dio, non darti riposo, non restare muto e inerte, o Dio» (Sal 83,2). «Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio» (Sal 42-43,2), per trovare ristoro nella tua Parola.

Il Verbo eterno, che dimora nel silenzio primordiale e crea l’universo con il Padre e lo Spirito Santo, si distacca da loro , si svuota di tutto se stesso, assume la natura umana e viene ad abitare in mezzo a noi, per introdurci nel misterioso silenzio da cui proviene (Gv 1,14). 

Nasce nell’antico villaggio di Betlemme, mentre tutti dormono e i pastori lo trovano adagiato in una mangiatoia (Lc 2,16). Nel quotidiano silenzio di Nazaret cresce, loda Dio, lavora, condivide le fatiche altrui e si prepara a svolgere la sua missione universale. 

Prima di iniziare la vita pubblica si addentra nel deserto di Giuda, si immerge in un radicale silenzio e s'intrattiene con Padre celeste, che parla a chi lo ascolta (1 Re 19,12; Mt 4,1-2). 

Durante l’attività pubblica si distacca frequentemente dalla gente, si ritira nella solitudine, per incontrarsi con il Padre, intrattenersi con lui e dedicargli ampi spazi . 

Dagli abituali intrattenimenti con Dio trae l’annuncio evangelico e la disponibilità a soffrire con amore. Non risponde alle domande insidiose, arroganti e ipocrite dei suoi oppositori, perché vanificherebbe le grazia del suo insegnamento (Mc 11,27-29). 

Zittisce il demonio, che tenta di manipolare, confondere, traviare e assoggettarsi la gente (Mc 1,25.34). Impone il silenzio ai testimoni dei suoi segni, perché con la loro fragorosa reazione sfalserebbero il senso della sua missione . Vieta agli apostoli di attestare che egli è il Messia, non essendo ancora capaci di spiegarne il senso (Mc 8,29-30; 9,9). 

Avvicinandosi l’ora del sequestro, si ritira nella solitudine del Getsemani, dove invoca il Padre con fiducia filiale.

Padre Felice Artuso