martedì 5 aprile 2011

1102 di 2013; Giobbe

Stefano Armellin con il pezzo 1102 di 2013
 del Poema visivo del XXI secolo :
IL VOLTO DEL MONDO E LA CROCE 1993/2013




Titolo : Giobbe

"L'uomo odia l'altro uomo per natura, e necessariamente, e quindi per natura esso, sì come gli altri animali é disposto contro il sistema sociale. 

E siccome la natura non si può mai vincere, perciò veggiamo che niuna Repubblica, niuno Istituto e forma di Governo, niuna Legislazione, niun Ordine, niun mezzo Morale, Politico, Filosofico, d'opinione, di forza, di circostanza ecc.

E' mai bastato né basta né mai basterà a fare che la società cammini come si vorrebbe, e che le relazioni scambievoli degli uomini fra loro, vadano secondo le regole di quelli che si chiamano diritti sociali, e doveri dell'uomo verso l'uomo. (2 novembre 1822)
I progressi dello spirito umano e di ciscun individuo in particolare, consistono la più parte nell'avvedersi de' suoi errori passati. 

E le grandi scoperte per lo più non sono altro che scoperte di grandi errori...

La maggiore e la principal parte delle utilità che si possono recare agli uomini consiste nel disingannarli e nel correggerli, piuttosto che nell'insegnare...

La natura ci sta tutta spiegata davanti, nuda ed aperta.

Chiunque si é veramente formato un buon stile, sa che immensa fatica gli é costato l'acquisto di quest'abitudine, quanti anni spesi unicamente in questo studio quante riflessioni profonde, quanto esercizio dedicato unicamente a ciò, quanti confronti, quante letture destinate a questo solo fine, quanti tentativi inutili e come solamente a poco a poco dopo lunghissimi travagli e lunghissima assuefazione gli sia finalmente riuscito...(2726)...

Arte difficilissima ad acquistare...

Neppure i grandi maestri scrivono bene senza gravissime e lunghissime meditazioni, e revisioni, e correzioni, e lime ecc.

La scienza del bello scrivere (e disegnare NdA) é una filosofia, e profondissima e sottilissima, e tiene a tutti i rami della sapienza". Giacomo Leopardi dallo Zibaldone di pensieri

LA TRAVERSATA DELLE ALPI di Stefano Armellin

Da San Martin de Vesubie alle Tre Cime di Lavaredo, percorso svolto dal 30 giugno al 12 agosto 1991 in 44 giorni di solitario cammino .

2. 1 luglio 1991. Col del Chiapous (m slm 2526). Rifugio Morelli. Terme di Valdieri (m slm 1350). Rifugio Questa (m slm 2388).

Nanni il gestore del Rifugio Genova é il primo estraneo a conoscere le mie intenzioni. Ritiene l'idea della traversata una cosa intelligente e mi aiuta alla ricerca di una via logica.

Dopo aver dato da mangiare ad uno stambecco affamato vado verso il secondo colle. Preferisco i colli alle cime perché più femminili. Rinuncio alle vette perché trovo più logico sentirmi andare in là piuttosto che in su.

Ma anche le cime sono belle e Franco Michieli ne ha salite diverse durante i suoi ottanta giorni passati nell'arco alpino.

Nel vallone dell'Argentera qualche lapide mi ricorda eventi tristi dei quali sono stato testimone. Nel 1978 ho assistito alla tragica fine di tre ragazzi lungo lo scivolo ghiacciato del canalone di Lourousa : Mario Fenoglio, Luisa Lorenzati, Ettore della Casa, 23 luglio.

La mia strada é in salita. Alle due del pomeriggio non c'é nessuno in giro. Arrivo stanco al Rifugio Questa e conosco Flavio, il gestore. Siamo solo noi due. Gli racconto il mio breve passato alpinistico, faccio dei nomi e troviamo degli amici in comune ancora vivi. Fuori c'é neve e il lago in parte é ghiacciato.

Non mi rendo conto della dimensione delle Alpi ed é meglio così. Sono ancora spaventato per il pericolo corso ieri. La notte ci chiude nel suo grembo. Mancano le nostre donne e ci accontentiamo delle stelle, che rimangono però troppo in alto.

Sotto di noi la riserva di caccia del Re si anima di soldati, ascoltiamo. Sua maestà sta preparando una battuta di caccia. Non ci riguarda, é troppo in basso.

Segue

Stefano Armellin

I fondamenti biblici della vita religiosa 2, di Padre Felice Artuso

All’inizio della Creazione Dio istituisce l’indissolubilità del matrimonio, per dare stabilità all’amore fecondo (Gn 2,18.23-24). 

Gesù difende l’operato di Dio (Mc 10,6-9). Egli rinuncia a formare una famiglia, per offrire ai discepoli un segno di consacrazione al Regno di Dio, già visibile nei suoi gesti misericordiosi (Mt 19,10-12). 

Si rivela lo sposo divino, prefigurato e annunciato dai profeti. 

Si espone al disprezzo, alla sofferenza e alla morte di Croce, per portare a compimento la sua missione nel Mondo.
 
Chiede ai suoi discepoli di distaccarsi dalle bramosie terrene, di condividere i loro beni temporali, di confidare nella provvidenza divina e di accumulare tesori incorruttibili (Mt 6,19-34). 

Tra loro sceglie i Dodici, perché rimangano con Lui (Mc 3,14). Propone ad essi di rinunciare alle programmazioni personali e di seguirlo sulla via dell’immolazione, per giungere un giorno alla piena comunione con Dio (Mt 16,24 e par). 

Esige che corrispondano generosamente ai suoi numerosi segni d’amore e di solidarietà. 

Attende che si abbassino e servano gli umili come Lui stesso sta dimostrato incessantemente (Gv 13,12-17.34). Li invia ad evangelizzare gli uomini, dicendo: «Chi ascolta voi, ascolta Me, chi disprezza voi, disprezza Me. E chi disprezza Me disprezza colui che mi ha inviato» (Lc 10,16).
 
Toccati sensibilmente dalla Parola di Gesù, gli apostoli accolgono con prontezza la chiamata a seguirlo e ascoltarlo. 

Abbandono i familiari, il lavoro, gli averi e le abitudini personali (Mc 1,16-20; 2,13.14). 

Cominciano a vincolarsi strettamente a Lui come unica scelta necessaria (Lc 10,42) per attestare la tenerezza universale di Dio (Os 11,8; Ger 31,20), raggiungere la massima perfezione (Mt 19,21) e disporsi ad entrare nella gloria celeste (Mt 10,39). 

Alcune donne galilee si associano liberamente al gruppo apostolico e gli prestano i servizi di prima necessità (Mc 15,40-41). 

Sperimentano tutti una situazione di stretta vicinanza con Dio, ma anche d'insicurezza, di solitudine, di debolezza, di dipendenza, d’incomprensione, di ripudio, di umiliazione, di persecuzione, d’inefficienza e d’apparente fallimento (Mt 12,19). 

Conoscono la crisi e la defezione del Venerdì Santo, in cui Gesù espia i peccati dell’umanità e muore nella completa offerta di sé al Padre celeste (Eb 5,8; 10,5-9). Segue

Padre Felice Artuso